Diffamazione sul web: il caso di Mom Treviso
25-01-2022
A volte la differenza tra gesto goliardico e reato può essere davvero sottile, e quanto è successo ad un’azienda di trasporti del trevigiano ne è la conferma.
Nel 2017, su un profilo Instagram collettivo, chiamato “Becerismo 3vigiano”, sono state pubblicate alcune vignette satiriche nelle quali si ironizzava sull’azienda di mezzi pubblici MOM. Nelle immagini si evidenziavano, in tono ironico, le difficoltà nell’accedere ai servizi, le code alle biglietterie e i pochi bus messi a disposizione per i cittadini.
Giacomo Colladon, presidente di MOM, ha dichiarato di non possedere profili social, per cui, alla segnalazione del misfatto da parte dei collaboratori, la rabbia ha preso il sopravvento. “Abbiamo sporto querela perché non mi piace che l’azienda venga presa in giro così palesemente, forse dobbiamo riflettere sul significato di goliardia” afferma il numero uno della società.
Dopo aver affidato l’incarico a un avvocato, l’azienda ha deciso di avvalersi dei servizi di un investigatore privato al fine di risalire all’identità precisa della persona che aveva prodotto e diffuso quei contenuti. E così che si è scoperto che l’autore era una studentessa di Treviso, all’epoca diciottenne.
Fin da subito, il sostituto procuratore aveva richiesto l’archiviazione per la “tenuità del fatto” (si trattava di due “meme”) e a inizio novembre, la querela portata avanti da MOM si è risolta proprio in questo modo, poiché per il giudice non è stato nient’altro che una goliardata. “Prendo atto della decisione del giudice, ma a me quelle non sembrano affermazioni ironiche. Le critiche sono legittime, se c’è qualcosa di cui lamentarsi si parla con gli uffici per sistemare e trovare soluzioni. Qui si è deciso di offendere. Ho già detto al nostro avvocato di andare avanti. E, comunque, è un avviso ai naviganti: le battute sono una cosa, le offese un’altra. E quelle erano offese infamanti nei confronti di un’azienda pubblica che lavora da anni per garantire il miglior servizio ai cittadini”. Così si è espresso Colladon in merito alla sentenza, determinato a chiedere il ricorso.
Il lavoro dell’investigatore, quindi, si è rivelato fondamentale, in quanto il bisogno di trovare il colpevole era dettato dal fatto che qualora si fosse trattato di un dipendente, si sarebbe aperto un provvedimento disciplinare interno all’azienda, mentre in questo modo il passaggio di fronte al giudice è stato inevitabile.
Da molti anni, Milano Investigazioni fornisce il suo servizio di indagine sui dipendenti, così da permettere ai datori di lavoro di conoscere meglio i propri collaboratori senza alcuna violazione dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, come più volte sancito dal giudice del lavoro al momento di presentare le prove raccolte.